Dedicare le mie ore più segrete a un viaggio interiore, a ritroso nel tempo, si è rivelato un processo di soluzione di un puzzle in cui le tessere si rendono disponibili a poco a poco, esortandole a presentarsi tramite una evocazione osservativa. Ne è uscita una autoimmagine, una ricomposizione di frammenti di vita intimi, impolverati: molecole di una identità celata sotto le scorie della rimozione e della superficialità del quotidiano. Sono riemerse memorie private, segni e figure simboliche, archetipi che riportano alla nostra autenticità, a un'essenza tanto minimale quanto verace e talvolta sofferta. Rivivere un ricordo, narrare un distacco, scavare un'emozione lontana filtrando il processo nell'atto fotografico ci porta inevitabilmente a ricostruire ciò che siamo oggi con l'intuizione del “perché“, a rivelarci con una consapevolezza maggiore e lucida. Le immagini compaiono e maturano come segmenti psichici, come tratti autodescrittivi nei quali, attraverso un processo di immedesimazione e analisi, linee e colori sfumano impercettibilmente nella connotazione, assumono valenze insospettate, spingendo l'aspetto esteriore a fare i conti con la capacità di assurgere a una valenza maggiore: quella della sublimazione della forma in libero pensiero, in radicata fantasia, in autodeterminazione, transitando senza fermarvisi attraverso l'aura del simbolo.