ELIANA BOZZI
Tutto parte da una nuova concezione del luogo e della Veduta.
È la filosofia, con i suoi sotterranei collegamenti a far emergere il paesaggio di Eliana Bozzi, come cifra della sua ricerca e della contemporaneità.
Tutto accade esattamente a livello di pensiero che si traduce in scelte iconografiche precise e composizioni strutturate e personali, perfettamente riconoscibili.
Il paesaggio, considerato fondale scenografico o nella migliore delle ipotesi genere minore, evolve, s’affranca, dirompe per imporsi come protagonista dell’opera.
Quella dell’artista è in effetti una rivoluzione iconica. Le presenze formali arretrano lungo diagonali invisibili, diventano piccole, a volte scompaiono immerse nella bruma polverosa di certe giornate immobili.
Cieli color latte, rive sabbiose, frammenti di edifici, cabine e pali della luce erompono. Sovrano emerge il mondo della Natura/Cultura.
Tutto pare ricomporsi in un silente spazio metafisico: la natura effimera delle nubi, il ritmo delle maree, l’immobile attesa degli edifici chiusi, la serenità dell’albero spoglio, il verde scolorito delle erbe, assumono una valenza nuova.
I paesaggi di Eliana Bozzi presentano una sovranità indiscussa, palesano la propria autentica maestà. Sono epifanie, manifestazioni del carattere fisicamente sacro delle cose del mondo. L’uomo è presente solo attraverso il farsi materico delle sue esigenze. L’Uomo non si vede mai.
Eliana Bozzi avverte la necessità di dire solo l’indispensabile. Allude. Suggerisce. Indica. E quindi incanta e incatena attraverso il gioco sempre aperto delle interpretazioni. Inizia storie e lascia che si sviluppino altrove, entro i nostri occhi, nella mente di ciascuno, inviolata e inviolabile come sono tutte le sue opere fotografiche.
Nei luoghi di Eliana Bozzi il Tempo continua a fluire lento. Accoglie possibilità inedite e silenziose. Ascolta il respiro delle cose proiettato nei tempi personali della lettura.
L’artista nasconde i propri sconvolgimenti e i desideri personali nel rigore formale delle sue inquadrature. Lascia spazi al possibile, all’inatteso, al cambiamento di luci e visioni.
Sono schermi questi paesaggi in attesa di altro. C’è il poco che basta, perfetto per accogliere il mutamento di atteggiamenti nei confronti della realtà.
L’artista attiva il processo esistenziale e resta come in attesa, nello stupore dell’intima, mai ultima coerenza.
Alessandra Santin